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  • Immagine del redattoreFlorin Madarjac

Genocidio: il meccanismo di disumanizzazione del prossimo.

Aggiornamento: 22 lug 2020

Nel corso della storia dell’uomo e delle sue scelte politiche e sociali riscontriamo diversi eventi assai discutibili, se non addirittura tragici e tali da non renderlo degno dell’appellativo di “uomo”. Anzi, sembra che eventi del genere siano la regola e non un’eccezione. Gli eventi di cui ho intenzione di scrivere sono caratterizzati dalla presenza di un nemico riconosciuto socialmente, spesso etichettato come “diverso”, “inferiore”, “non umano”; voglio parlare di quando l’uomo considerava normale, se non addirittura come simbolo di prestigio, possedere uno schiavo di colore, ma anche di quando un gruppo di persone credeva che l’omicidio sistematico di uomini e donne afroamericane non fosse solo un diritto dell’uomo bianco, ma una sua missione, infine, voglio trattare di quando un uomo, con la sua classe politica dirigente, aiutato ovviamente da un gran numero di collaboratori, ha deciso di sterminare 6 milioni di persone, per la semplice appartenenza etnico-religiosa. Per trattarli, o per meglio dire cercare di spiegarli, ho intenzione di applicare a livello teorico tre strumenti che una società usa di fronte a un individuo, o gruppo sociale, diverso dal proprio.






CURA

Il primo processo politico-sociale di cui voglio trattare è il colonialismo, con questa espressione si suole intendere qualsiasi dominio da parte di un popolo su un altro, spesso paragonabile a un parassita che succhia il sangue del proprio ospite. Mi perdonerete la metafora cruda, ma è assai esplicativa delle dinamiche economiche e sociali di tutti quegli eventi nati dalla matrice coloniale. Riprendendo quel che ho precedentemente annunciato, voglio trattare questo fenomeno sociale dal particolare punto di vista della disciplina che può meglio spiegare fenomeni di questa portata: la sociologia. Peter Berger e il collega Thomas Luckmann, nel loro saggio “La realtà come costruzione sociale”, individuano un particolare strumento usato per sottomettere le minoranze che non si piegano: la cura delle stesse, ovviamente sotto un aspetto prettamente culturale. Un esempio può essere l’opera di evangelizzazione forzata da parte delle popolazioni sudamericane portata avanti da spagnoli e portoghesi nel XV secolo, popoli che per primi si sono spinti così lontano da casa per distruggere e conquistare territori e materie prime, a spesa delle popolazioni autoctone. Una cura religiosa che diventa anche cura di uomini non ancora definibili tali secondo le culture dei conquistadores, popoli tutto sommato inferiori rispetto all’uomo moderno capace di conquistare il mondo fino ad allora conosciuto grazie alla sua tecnologia.





DISTRUZIONE

Andando avanti nel tempo, vorrei analizzare un altro tipo di fenomeno che non coinvolge più intere nazioni o popoli, ma minoranze, di qualsiasi tipo. Spesso quando il dislivello fra il potere acquisito dalle stesse non è così elevato, come lo si poteva avere fra i moderni Stati europei e i popoli tribali dei nativi americani successivamente, il rapporto fra gruppi di persone più ristretti è ancora più violento e le motivazione che spingono gli individui a perpetrare la violenza sono più maggiormente radicate nella psiche degli individui partecipanti; il motivo può essere ricercato nel fatto che l’uomo è maggiormente coinvolto a livello pratico-esecutivo nelle scelte e interventi del gruppo che deve giustificare di fronte a sé e alla società intera. Dunque lo strumento sociale è proprio la distruzione di un nemico riconosciuto e costituito socialmente. Tutti questi elementi possono essere rilevati per esempio nel Ku Klux Klan, associazione segreta che nell’Ottocento nasce in America con l’intento politico e terroristico di sottomettere le popolazioni afroamericane alla volontà dell’uomo bianco. Un altro esempio ancora più drammatico lo possiamo trovare nel recente genocidio avvenuto in Ruanda fra il 7 aprile e il luglio 1994, quando il governo a maggioranza Hutu si è dato l’obiettivo di sterminare quel che loro definivano dei “parassiti”, ovvero il gruppo etnico dei Tutsi. Dopo la celebre dichiarazione fatta da una radio di ideologie estremiste hutu “è giunto il momento di tagliare gli alberi alti”, iniziò la sterminazione programmata e senza condizioni della popolazione degli Tusti; ciò che rende ancora più drammatico questo evento è proprio la volontà di annientamento totale, soprattutto i bambini affinché non fosse più possibile la rinascita dell’etnia-parassita. È inutile discutere qui del comportamento vergognoso che le Nazioni Unite hanno adottato, tuttavia voglio ricordare la straziante risposta del rappresentante ONU quando gli venne detto che non era ancora possibile parlare di genocidio - l’ONU aveva l’obbligo di intervenire sono in quel determinato caso - che fu “Quanti atti di genocidio servono a fare un genocidio?”. È chiara la denuncia fatta al non intervento internazionale, al contrario sembrerebbe che proprio la Francia fornisse gli armamenti alle milizie Hutu.




ANNICHILIMENTO

Vorrei concludere con il trauma nella coscienza mondiale appartenente al Novecento, lo sterminio sistematico e sadico di 6 milioni di ebrei da parte della Germania durante la Seconda guerra mondiale. I fatti storici e i numeri della Shoah sono di pubblica notorietà, dunque non mi ci soffermerò, quel che vorrei indagare è il come l’uomo europeo moderno abbia potuto permettere, accettare e infine perpetrare egli stesso un’aberrazione di tale portata. Per capire tutto ciò, credo sia utile ritornare al saggio sociologico sopracitato di Berger e Luckmann; nello stesso, gli autori parlano di un altro strumento che una società può adottare per contrastare una minoranza: l’annichilimento. Per giustificare la violenza, gli omicidi e, di conseguenza, il genocidio di massa, la propaganda nazista ha trasformato la realtà e il concetto di umanità a proprio vantaggio, ha reso meno uomini gli ebrei rispetto ai tedeschi ariani, ha disumanizzato un intero gruppo etnico. Forse quella che abbiamo visto nascere in quel periodo è uno degli strumenti più raffinati e subdoli per quanto riguarda la legittimazione di un’azione politica da parte di una classe dirigente e di una società in cerca di vendetta dopo essere stratta smembrata e ridotta in miseria dopo la Prima guerra mondiale. La realtà costruita ad hoc dai nazisti non poteva permettere che i militari nazisti e, ancora di più, gli elettori storcessero il naso di fronte ai maltrattamenti a cui in qualche modo erano costretti a partecipare o comunque assistere.

So bene che questi sono solo alcuni fra i genocidi e gli eventi di violenza organizzata e istituzionalizzata nel corso della storia dell’uomo, dunque il mio invito è quello di non soffermarvi su questi esempi storici, che, seppure importanti per comprendere e poter fermare in qualche modo il loro ripetersi, appartengono comunque al passato, ma ricercare e informarvi sulla violenza che ora, magari in questo preciso momento, si sta perpetrando nel mondo. Non con cuore leggero o puramente accademico, ma con umanità, con empatia verso il dolore che un altro sta provando, con consapevolezza che un giorno quel “altro” potresti essere tu.

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri

nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per un si o per un no.

Considerate se questa è una donna,

senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare

vuoti gli occhi e freddo il grembo

come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

stando in casa andando per via,

coricandovi, alzandovi.

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

- Primo Levi


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