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  • Immagine del redattoreFlorin Madarjac

Sul ritorno alla propria casa.

Aggiornamento: 26 ago 2020

Da sempre l’uomo si è dovuto confrontare con la natura in modo più o meno rispettoso; si può notare come sistemi sociali definibili acentralizzati, quali alcune tribù del Sud America, cerchino di violare il meno possibile l’integrità dell’ecosistema che li ospita. Nei moderni Stati occidentali, in cui il potere è fortemente centralizzato con le varie istituzioni che amministrano la vita dei propri cittadini, è raro che ci siano politiche economiche realmente eco-sostenibili. Ciò sembra un passo indietro rispetto alla consapevolezza di sé come essere umano e del proprio contesto ambientale come casa, se si riporta alla mente il fatto che già agli inizi del ‘900 nacquero iniziative pedagogiche fortemente legate alla natura come i boy-scout di Baden-Powell inglesi o i wandervogel di Wyneken tedeschi. Questo rivela un forte sentimento di appartenenza ad un ambiente naturale in sistemi politici comunque definibili centralizzati, nato in seguito ai cambiamenti sociali sviluppati dopo l’industrializzazione che ha sconvolto il modo di produrre e di agire nella società. A questo punto nasce spontanea la domanda del come sia possibile che più di 100 anni fa in società molto simili alle nostre possa esserci stata questa esigenza, anche istituzionale, di recupero del rapporto con la natura e che adesso siamo con l’acqua alla gola per quanto riguarda la questione climatica e in generale ambientale. Quel che manca, a mio avviso, alle classe dirigenti odierne è proprio la consapevolezza di essere ospiti e non padroni della natura, insieme a una lungimiranza nella pratica governativa riguardante un’economia eco-sostenibile. Si sa, l’azione politica va di pari passo alle richieste e alle esigenze di una società; ma è veramente possibile che l’uomo abbia perso in modo definitivo il rapporto con la natura, vera casa dell’uomo, o più semplicemente è la politica che non riesce a trovare soluzioni concrete, o magari non ha interesse nel creare un futuro più verde per le prossime generazioni? Due possono essere le soluzioni che in qualche modo possano cambiare il corso della storia: rinnovamento della classe politica e sensibilizzazione delle nuove generazioni al pericolo ecologico imminente, senza allarmismi o toni paternalistici, ma proponendo soluzioni concrete che permetterebbero di coinvolgere il maggior numero di persone. L’azione di sensibilizzazione deve partire necessariamente dalle scuole e dalle agenzie educative a contatto con i giovani, non meno le stesse famiglie. Con i moderni programmi scolastici e con le attuali metodologie c’è veramente poco spazio per iniziative di questo tipo. Ma allora com’è possibile che si è riusciti a trovare lo spazio per includere un’educazione civica,  che stava rischiando di diventare  di stampo nazionalista, e non un’educazione globale che impartisca valori ecologici e sociali, di cui l’Italia, insieme agli altri Paesi occidentali, a dispetto delle popolazioni “primitive”, è carente?

Se non ora, quando? Se non io, chi? Se non qui, dove? ~R. Hillel
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