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  • Immagine del redattoreFlorin Madarjac

Comunicazione, libertà, democrazia.

New media e internet: amico o nemico?

La comunicazione, processo caratterizzante l’operato umano, ha un ruolo fondamentale nelle nostre esistenze. Diversi sono stati gli studi che le varie discipline interessate allo studio dell’uomo hanno condotto nel tempo: la sociologia afferma che comunicare vuol dire sia “oggettivare” un mondo soggettivo interiore, che, se espresso attraverso un insieme codificato e condiviso di significati – ovvero un linguaggio- può aiutare l’uomo nella sua vita sociale quotidiana e non; la psicologia insegna che l’individuo è un essere che si erige nella relazione interpersonale: per sottolineare l’importanza di una comunicazione efficiente nei primi anni di vita e nell’infanzia c’è da ricordare quel che viene definito “doppio legame”, con questa espressione si vuole intendere una relazione fortemente intensa ed emotiva in cui il soggetto, a causa della discordanza fra quello che viene detto e nel modo in cui lo stesso contenuto viene espresso, sviluppa una serie di angosce e dinamiche potenzialmente patologiche.

Ispirandoci alla teoria classica ideato dal linguista russo Roman Jakobson sulla comunicazione possiamo individuare le colonne portanti della medesima: un emittente, un messaggio (referente), un canale e un ricevente. Questo è il modello più semplice per meglio capire come due individui, inseriti in una relazione e  in un contesto ben precisi, agiscano; tuttavia, quel che caratterizza la nostra epoca, dunque la nostra società contemporanea, non è più questo tipo di comunicazione frontale, ma una comunicazione che può essere definita “mediatica”, ai giorni d’oggi anche “telematica”.

A partire dal ‘900, la società è stata rivoluzionata da quel che fu definito da Adorno e Horkheimer  “industria culturale”, per designare quel insieme eterogeneo di beni e soggetti che iniziarono a preoccuparsi di creare dei prodotti culturali a portata della grande massa popolare, in quel periodo contestualizziamo l’emancipazione politica, sociale ed economica degli strati piccolo-borghese e popolare industriale. Stravolgendo l’intero mondo di significati che fino ad allora la cultura racchiudeva in sé.

I soggetti più rilevanti all’interno di questo contesto culturale sono: editoria, giornali, cinema e soprattutto la televisione. Quest’ultima, appartenente al variegato insieme dei mass media, vede nel proprio sviluppo degli elementi molto interessanti. Nata come strumento pubblico di informazione e istruzione in Gran Bretagna e sviluppatasi come se fosse una società privata negli Stati Uniti, i cui introiti nascono dalla pubblicità, ad oggi si presenta  nelle due forme precedentemente dette, ma accomunate dalla tendenza sempre più spiccata di fornire un’esperienza maggiormente individualizzata e interattiva, basti ricordare tutte le funzioni delle Smart Tv. I contenuti che propongono, tuttavia, risultano molto banali, con una funzione spesso omologatrice, che promuovono gli stessi modelli di vita, gli stessi prodotti e le stesse tendenze; basti pensare al genere televisivo dominante che è quello che unisce l’informazione all’intrattenimento, espresso col termine infotainment. Se si volesse usare un termine ancora più moderno,  potremmo parlare di programmi trash, per indicare momenti di televisione spesso ridicoli e improbabili, che tuttavia affascinano lo spettatore.  Caratteristica forse più rilevante per il nostro discorso può essere quel che succede alla figura del telespettatore, che vede trasformato il proprio ruolo in quello di perfetto consumatore a causa del bombardamento pubblicitario continuo.

Ancora più recentemente, si può invece parlare di new media per intendere quegli strumenti comunicativi che si appoggiano a strumenti telematici e informatici: blog, riviste online, podcast, e-book, gli stessi social. Tutto ciò viene diffuso attraverso internet, una delle più grandi invenzioni e rivoluzione del XX secolo. Come per la televisione, il mondo del web ha visto le proprie trasformazioni: da prima come strumento di comunicazione semplificata e immediata, passando attraverso la funzione di informazione e trasmissione di contenuti culturali, arrivando infine ad un vero e proprio mondo virtuale. La portata di questo strumento è globale, unisce in sé la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, questo ovviamente può portare enormi vantaggi o al peggioramento di alcune condizioni sociali come l’isolamento o il raggruppamento di individui pericolosi, che acquistano sempre più potere o rilevanza sociale. Quel che viene rimarcata ancora di più con questo nuovo strumento è l’interattività dell’utente, che può essere sia emittente sia ricevitore, e in misura ancora maggiore è la trasformazione di ruolo nella categoria del consumatore. Lo strumento più usato da internet sono i cookies, ovvero l’operazione di tracciamento che porta i vari motori di ricerca ad accumulare i dati dell’utente per poi rivenderli alle agenzie pubblicitarie che creano annunci, spesso anche importanti a livello visivo, su misura. È da specificare come alcuni siti obblighino all’accettazione dei “termini per la privacy”, pene il non poter usufruire dei servizi proposti dagli stessi.

Quel che viene ridiscusso oggi è il ruolo che ognuno di noi ha nella propria vita quotidiana e intimità, se prima si poteva decidere se prestare o meno attenzione al venditore per la strada o ancora meglio il venditore porta a porta, adesso non è più possibile decidere chi far entrare nella propria casa, poiché sono già dentro alle nostre televisioni, ai nostri computer, ai nostri telefoni. Negli scorsi mesi le istituzioni politiche, europee e non, hanno rilevato questo problema e hanno ,perciò, intensificato le misure di protezione dei dati, chiarendo alcuni usi e cessioni a terzi, ma poco è stato fatto per fermare la grande macchina pubblicitaria che spesso tende a violare in modi semplici e indiretti la libertà della persona.

Vivere in una democrazia, la quale etimologia letteralmente vuol dire “potere del popolo” e la cui nascita può essere datata alle póleis greche in cui la vita politica era un privilegio e la massima virtù nel processo educativo, significa avere un peso, anche se effimero, nelle decisioni statali e in generale sociali. Lo strumento che si ha è il voto, in teoria frutto di un processo di informazione, rielaborazione, scelta. Analizzando il primo stadio del processo, possiamo facilmente intuire che fra fake news, spesso create dagli stessi strumenti di propaganda politica come per esempio nel caso delle elezioni statunitensi, e percorsi di ricerca personalizzati e, dunque, selezionati dai motori di ricerca che vengono pagati da terzi per farlo, viene meno anche la libertà di informazione libera e indipendente. Per quanto riguarda il secondo momento – la rielaborazione – il discorso diventa più complesso perché entrano in gioco la dimensione cognitiva e culturale, e i rispettivi rapporti di interdipendenza. Lo studio antropologico dimostra come ad un linguaggio più sviluppato e articolato, e in generale ad un livello culturale inteso nell’accezione tecnica, corrispondano strutture cognitive più complesse e funzionali. Non a caso l’invenzione della scrittura ha portato, attraverso la liberazione delle energie mentali occupate nella memorizzazione e dunque alla possibilità di pensare cose nuove e astratte, allo sviluppo scientifico e sociale della civiltà. Ritornando alla nostra analisi possiamo dunque capire come il linguaggio semplificato, immediate e non più astratto, possa creare delle menti incapaci di “pensare pensieri” astratti, complessi e originali in modo indipendente; tutto ciò sembra compromettere il reale politico di un popolo.

Infine, l’ultima fase, quella della scelta, sembra irrimediabilmente compromessa in una società di massa, in cui l’individuo è sempre auto-diretto a causa della momentanea incapacità storica dell’uomo di usare, e di non farsi usare si potrebbe aggiungere, da strumenti che egli stesso ha creato. L’unica soluzione auspicabile ancora una volta è l’istruzione, che deve trasmettere le conoscenze di base all’uso dei nuovi new media e dei possibili pericoli, insieme ad una educazione finalizzata a trasmettere quei nuovi valori sociali e le nuove modalità di approccio ad un mondo virtuale che deve necessariamente avere le proprie regole e le proprie modalità di interazione, all’interno delle mura scolastiche. Come affermava Umberto Eco:

Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti
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