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  • Immagine del redattoreFlorin Madarjac

Ambizione, o sulla perdita di umanità. Fra seno cattivo e capitalismo.

La storia è un processo di cambiamento e rinnovamento fatto dagli uomini per gli uomini stessi. Vivere nel 2019 non è assolutamente come vivere nel 1939, non solo per le abitudini e per le ideologie, mode, forme di ribellione in atto; la differenza è riscontrabile anche nel modo di essere. L’antropologia ci spiega perfettamente come una cultura possa influenzare un popolo e determinare specifici tratti comportamentali in modo silente, tuttavia non si proietta nell’indagare come la psiche e le dinamiche interne possano essere influenzate dall’esterno. La società di oggi sta vivendo un periodo di crisi dell’essere umano, inteso come animale capace di essere empatico, di porsi in relazione così profondamente da poter sfumare i confini fra il me e l’altro. Quel che si nota sempre di più è che, nel mondo adolescenziale, i giovani hanno perso la necessità di riconoscersi come figli di una Nazione, di un Dio e di Ideali, essi rimangono individui assoluti e non generati, ma autocreati. Nel mondo lavorativo si riscontra un numero sempre più alto di suicidi in seguito alla perdita del lavoro, la crisi economica non basta a spiegare l’autodistruzione dell’individuo perpetrata così di frequente: sempre più spesso si crea la propria identità e personalità in base al proprio status lavorativo e, quando viene meno il lavoro, che magari si è svolto con cura e dedizione per decenni, si vede crollare tutto il proprio mondo e ci si trova senza essere più in grado di rispondere alla domanda “chi sono?”. La parola che meglio descrive le tendenze sociali in quest’epoca è appunto ambizione, essa di per sé è un modo di porre se stessi e gli altri legittimo e probabilmente anche promovibile. Lo sanno bene gli sportivi che gareggiano a livello agonistico che senza di essa la strada è molto breve. Tuttavia fino a dove può arrivare e soprattutto da dove può originare questa pulsione al creare un Sé a volte onnipotente e spregiudicato? I limiti della spregiudicatezza umana sono quasi sconfinati e la cronaca spesso ci ha sconvolto con episodi drammatici, l’origine d’altra parte è più problematica. La psicoanalista Melanie Klein pone l’attenzione sul rapporto stretto fra invidia, gelosia e avidità; definendo queste tre pulsioni distruttive dell’altro e in particolar modo del seno – lo si può leggere come insieme di cure e relazioni che il bambino può avere con il mondo esterno – come ostacoli all’interiorizzazione di un seno buono (fondamento per la capacità di amare) e sostenitori di un seno cattivo (visione paranoica e schizoide della realtà). Legata a queste tre grandi pulsioni (fra le quali l’invidia è la peggiore ,secondo la psicoanalista a causa della proiezione di attacchi distruttivi finalizzati al deterioramento del seno buono) è appunto l’ambizione, vista come un probabile sintomo di dinamiche interne patologiche. Cura o, per meglio dire, prevenzione dell’instaurarsi di queste emozioni sembra essere un tipo di relazione con la figura materna soddisfacente e creativa, proprio perché solo l’essere umano è capace di porsi in relazione con il bambino in modo naturale e spontaneo. In una società capitalista dove l’individuo cessa di porsi in relazione con l’altro e smette di identificarsi con le relazione che si hanno con il mondo, si diffonde la tendenza a usare oggetti feticcio come contenitori di angosce e paure o sostituti dell’altro in vari ambiti, anche in quello sessuale con la diffusione di bambole appositamente create. Se già dalla prima infanzia, come ci spiega la scuola di antropologia “Cultura e personalità”, si iniziano a diffondere i tratti comportamentali della cultura di appartenenza, in cui si preferiscono gli oggetti ai soggettivi come nella nostra, è inutile sorprenderci del fatto che sempre più individui crescono con quel morboso desiderio di possedere e di godere in modo snaturato, che è tipico del vivere l’esperienza del seno cattivo. Se la società e la storia si muove alla creazione di individui che hanno perso la propria umanità e porta avanti la crisi dell’essere umano, cosa può creare una tendenza contraria che possa ricostituire l’uomo come animale sociale, o per meglio dire relazionale? Un primo passo può essere quello di alzare lo sguardo dallo schermo che si ha davanti e ricercare lo sguardo di un altro essere umano, scoprendo la propria somiglianza e la sua originalità.

Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi. Sant’Agostino.
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